Cenni storici

Cenni storici

Le colline di San Rufo, situate nella regione della Campania, sono intrise di una storia millenaria che risale all'epoca antica. Il territorio ha conosciuto insediamenti umani fin dall'età del bronzo, come testimoniano numerosi reperti archeologici rinvenuti nella zona.

Il primitivo insediamento risale alla fine del primo millennio, ad opera di contadini e pastori teggianesi, spinti dalla ricerca di spazi sempre nuovi per le loro attività. L'abitato, la cui denominazione deriva da San Rufo, patrono della comunità, ha origini non del tutto certe e buona parte degli storici le fa risalire al XIII secolo, ad opera del barone Gubello Pellegrino che lo edificò in onore di San Rufo, terzo vescovo di Capua.

In seguito, ai baroni Pellegrino successero i Rinaldi e i Laviano. In epoca feudale, il territorio apparteneva alla Contea di Marsico, da cui dipendeva lo Stato di Diano con i suoi casali. La contea appartenne prima ai Conti di Guarna, poi, nel 1181, passò alla famiglia Sanseverino. In questo periodo si verificò un decisivo sviluppo, grazie all’apporto di Calvanello e Casalvetere, di cui si conservano ancora i ruderi del castello. Con la congiura dei baroni, i Sanseverino persero il feudo e, di conseguenza, anche la Terra di San Rufo. Il casale fu poi restituito a Roberto Sanseverino nel 1506 dal Re Cattolico.

Tra i documenti dei Sanseverino conservati nell'Archivio di Stato di Napoli vi è il Libro dei proventi del Principe di Salerno, che comprende anche questo territorio. Altri documenti informano che Giovanni Luis Pellegrino, barone di Santo Ruffo, era incaricato della riscossione di parte dei tributi dovuti al Principe di Salerno nel 1547. Successivamente, il feudo passò a Carlo Calà, presidente della Regia Camera della Sommaria di Napoli e duca di Diano e di Sala. L’ultimo barone fu Antonio Pellegrino (1865), alla cui morte la Terra fu espropriata, messa all’asta per debiti e venduta a Giuseppe Parisi, che la rivendette al barone Gian Matteo Rinaldi. Estintasi la famiglia Rinaldi per la peste bubbonica del 1778, il feudo passò per parentela ai Laviano.

Con le leggi sull’eversione della feudalità del primo decennio del XIX secolo, divenne comune autonomo.

Il terremoto del 1980, che ha avuto effetti disastrosi in tutta la provincia, ha risparmiato qualche edificio sei-settecentesco con portale in pietra; fu fortemente danneggiata la chiesa di Santa Maria Maggiore.

Il paese è stato parzialmente ricostruito dopo il terremoto del 1980. Si è salvato poco del patrimonio artistico della città, ma dell'antica struttura rimangono alcuni eleganti palazzi gentilizi del XVII e XVIII secolo con portali in pietra. Tra le architetture religiose nel centro storico vi sono l’antica chiesa di Santa Maria Maggiore, la cappella della Madonna della Tempa e la cappella di Sant’Antonio; durante i lavori di restauro sono venuti alla luce cunicoli sotterranei, probabilmente utilizzati per la fuga dei briganti. Su un’altura poco fuori dal centro, in località Calvanello, si possono ammirare i ruderi dell'antico castello risalente tra il IX e il X secolo.

Il primo sindaco fu Pasquale Marmoro, il quale nel 1809 sottoscrisse il più antico atto di Stato Civile conservato presso l’Archivio Comunale.